giovedì 25 giugno 2015

Fermate il libro, voglio scendere!

Ovvero, quando leggere fa venire il mal di mare.

Per quanto abbia in programma altre divagazioni sul Tempo (ci sono anche mirabolanti storie che si svolgono nel futuro… ), oggi mi scappa di parlarvi dei “tempi”, cioè i tempi verbali, che detto così suona come la minaccia di una lezione di grammatica, ma in realtà è la solita scusa per NON dare consigli e  condividere con voi il materiale divertente che mi passa per le mani. 
A volte, spinto dall’ardore narrativo,  l’autore scrive di getto, talmente preso dalla storia che ha in testa, da non preoccuparsi se i tempi concordano, perché l’importante è fermare la scena sulla pagina e arrivare in fondo.
Be’ ecco, in questi casi anche il lettore ci arriva in fondo, ma ci arriva come appena sceso da un catamarano.
In quale tempo conviene scrivere un romanzo? Nel modo più facile, viene da dire. Il più delle volte chi scrive non sta neppure a chiederselo, così come chi legge, spesso, non ci fa caso,  ma il modo più facile è il passato, e per avere una conferma basta prendere dalla libreria un campione di libri pescando tra autori diversi.  Io l’ho fatto, e  li ho beccati tutti al passato remoto, da Dumas alla Vargas, da Sciascia a Baricco, e Hemingway  come Bulgakov.  Conformisti?  Può darsi, ma la lettura fila via liscia. Insomma, si può scrivere anche al presente, sia chiaro, ma per farlo bisogna avere la testa in modalità  sceneggiatura, mentre il modo  più spontaneo è seguire la voce che racconta, quella  che ha lasciato tracce e suggestioni in tutti noi dall’origine,  a partire dal  “c’era una volta”.
Stabilito però che il tempo è quello, ho trovato spesso slanci ideativi  capaci di imprimere alla storia delle curiose  “curvature” temporali. 

Pag. 20:  Quella mattina Gilberto si svegliò alle sette e quindici, spostò le coperte, mise i piedi a terra, infilò i piedi in un paio di comodi zoccoli dalla suola anatomica, si alzò stiracchiandosi, si diresse verso il bagno, accese la luce…  Pag. 40 … girò a lungo il cucchiaino nella tazzina, portò il caffè alla bocca sorseggiandolo adagio mentre fuori cominciava a schiarire … Pag. 60 … scelse una  camicia azzurra dopo averla tolta dalla gruccia dell’armadio, se la infilò abbottonandola con cura… Pag. 80 … estrasse le chiavi dalla tasca, guardò a destra e a sinistra e raggiunse l ’auto parcheggiata sull’altro lato della strada. Stava cominciando a piovere e pensò di prendere l’ombrello che aveva nel bagagliaio per averlo a portata di mano al momento di scendere. Quando sollevò il portellone posteriore resta paralizzato nel vedere un piede che fuoriesce da un grosso sacco nero della spazzatura (e tu, lettore, che hai dormito fino a pag. 80 e devi avere anche sognato un paio di volte, ti svegli di colpo, perché quel presente è come una secchiata d’acqua in faccia, ma soprattutto perché pensi che un cadavere nel bagagliaio stia per dare una svolta alla vita di Gilberto). Sente il sangue gelarsi nelle vene e all’improvviso ricordò che quel sacco condominiale la sera prima non c’era perché è sicuro di aver aperto il bagagliaio per controllare di avere le catene da neve che saranno obbligatorie dal 15 novembre al 15 aprile. Qualcuno deve avercelo messo durante la notte, pensò. Si guarda in giro furtivo per accertarsi che nessuno l’aveva visto, e poi chiuse di colpo il portellone come se nulla sia successo. Si disferà del maledetto sacco condominiale sulla tangenziale ovest, pensò. Al ritorno, col buio, sarebbe più facile, ma è meglio farlo al più presto,  non vuole lasciarlo in macchina tutto il giorno col rischio di dimenticarsene.  Salì in macchina, inserì la marcia, guarda nello specchietto retrovisore e partì.
quando leggere fa venire il mal di mare
Quando leggere fa venire il mal di mare...
Certo, con un buon editing tutto si aggiusta, anche l’impareggiabile compostezza di Gilberto di fronte agli imprevisti, ma capite che chi si infila per primo nella lettura del prodotto ancora grezzo, per affrontare i capitoli successivi avrà bisogno di una xamamina.
Sarebbe bastato rileggere per riallineare queste anomalie temporali?  Io credo che lo sconosciuto autore abbia riletto, e magari anche più volte, ma qualcosa gli abbia impedito di notare le stonature. Ormai  mi sono convinto che al di là dell’ardore creativo, qualcuno non riesce proprio a coglierle e va avanti, così come fa a volte lo stonato che continua a cantare inconsapevole e felice.
Poi ci sono gli altri.

All’angolo della via il Riccetto vede un gruppo di persone e piano piano ci si accosta. In mezzo al gruppo di persone e ombrelli lucidi, era aperto un ombrello molto più grande, nero, con sopra tre carte. Le mescolava un napoletano e la gente puntava. Il Riccetto se ne rimase lì a guardare il gioco, poi si accostò…

E allora? Non è neanche divertente, direte voi.
Eccerto. Questo è Pasolini.

Alla prossima,
Martin Weasel 

mercoledì 10 giugno 2015

Anche gli angeli usano l'iPad?

Angolo dei conigli

Cari amici lettori e scrittori,
forse userò impropriamente questa rubrica, ma in questa occasione, visto che mi tormenta un dubbio, un consiglio potreste darmelo voi.

Premetto che non nutro un particolare odio per la tecnologia né per i moderni mezzi di comunicazione. Certo, se la perdita di tempo supera il vantaggio offerto, ne faccio volentieri a meno.
Per esempio, se devo andare da casa allo studio, cosa che faccio regolarmente da anni (ahimé), non mi perdo a impostare il navigatore per un tragitto che, se non fosse sconsigliato, potrei fare a occhi chiusi. Tra l'altro, credo che l'uso del navigatore sarebbe poco gradita al proprietario dell'apparecchio stesso, in quanto (non avendone mai acquistato uno) sarei costretto a fermare qualcuno per strada e, con una scusa qualsiasi, sottrargli il congegno e smanettare fino a ottenere il risultato desiderato.
Poi dovrei ridarglielo o tenerlo? Mah...
Comunque, non è questo il dubbio che mi tormenta, perciò non mi dilungo oltre e vengo al dunque.

Questa mattina ho ricevuto una email da uno soggetto che si definisce un Angelo Incarnato, oltre ad altre simili e prestigiose qualifiche.
Il problema è che al piede del messaggio ho trovato la dicitura "inviato da iPad".
E qui mi sono posto il problema: perché neppure gli angeli sono rimasti fedeli alle loro vecchie abitudini?
Dai, su, una bella apparizione con tanto di piume rilucenti! Ma anche senza piume, va bene lo stesso.

E ora veniamo alla missiva:

"Ho gradito la lettura di Le ombre azzurre (conosco bene l'argomento e posso confermare in toto), ma il problema è nato dopo aver terminato Guerrieri stanchi di lottare. Mi sono riconosciuto a tal punto nella figura del combattente stanco, da decidere di mettermi in contatto con l'Ufficio del Personale per chiedere un eone di aspettativa. Ho avviato un hangout e per sentirmi rispondere che, da quando è stato approvato il Sindacato Unico, l'aspettativa non fa più parte dei diritti del Lavoratore Alato, a meno che non si produca una documentazione di necessità per assistere un familiare gravemente malato. Ma se siamo eterni, parente compresi, chi volete che si ammali? Non vi sembra che il vostro libro sia carente di indicazioni per un caso come il mio?".

Bene, e adesso che cosa rispondo?

il vostro dubbioso
Ivan lo Stupido
Ivan lo Stupido

giovedì 4 giugno 2015

"Sono alle Crociate, lasciate un messaggio dopo il bip..."

Cari amici lettori e scrittori, aspiranti e sostenitori, umani e conigli, 
col fermo proposito di non volere insegnare niente a nessuno, da oggi prende il via la rubrica di intrattenimento attraverso la quale vi segnaleremo alcune perle raccolte nella pratica della nostra attività. Con una serie di piccoli esempi narrativi, adattati per l’occasione ma rigorosamente autentici per forma e contenuto, condivideremo con voi esperienze di lettura che si sono rivelate gustose sorprese.
Fuori da un ordine preciso, ma guidati dall’estro del momento, faremo accenno a vari argomenti senza mai affrontarli sul serio, senza fornire dritte o consigli ma solo qualche considerazione, lasciandovi liberi di gustarvi gli espedienti narrativi e trarne le conclusioni che vorrete.

monkey
"Conosco ciò di cui scrivo?"
Oggi, per cominciare, nella nostra piccola galleria degli errori, parleremo del tempo. Anzi, del Tempo, con la maiuscola, a fugare subito l’idea delle mezze stagioni scomparse.
Il Tempo è così affascinante che poterlo manipolare almeno con la fantasia è una soddisfazione e una sfida. In narrativa il tempo si piega alla volontà dell’autore che a volte lo maneggia senza nemmeno rendersene conto, dilatandolo, contraendolo, cancellandolo, trascinando con sé il lettore indietro negli anni, o al contrario proiettandolo nel futuro.
Nella vita quotidiana il tempo è prezioso, il tempo non va sprecato, bisogna saperlo usare.
E in narrativa? È lo stesso.
Infatti, ecco una perla, ambientata a Montegrufaldo di Pellecchia, anno 1327

Turibio, appena fuori dalla locanda, si sfilò di dosso il ruvido mantello e cominciò ad agitare i pugni, invitando Galdino a farsi sotto.
“Ma che ti prende, non farai sul serio?” chiese Galdino preoccupato.
“Questa cosa va sistemata!” rispose Turibio, che accecato dalla gelosia, non riusciva più a vedere l’amico nell’uomo che aveva di fronte, ma solo un rivale pericoloso. L’aveva appena visto guardare Pulcheria con occhio lascivo, mentre lei, china sul loro tavolo mesceva il vino nei boccali.
“Ne abbiamo già parlato…”  provò a dire Galdino arretrando.
Ma Turibio, ormai fuori controllo, neanche lo lasciò finire: in un lampo gli fu addosso e con un pugno, che aveva grande quanto un maglio, gli sferrò un colpo in piena faccia facendolo volare a terra. Alla vista dell’amico riverso sul rivolo di scolo, di colpo la rabbia venne meno e Turibio tornò in sè.
“Mio Dio, che ho fatto?” esclamò con le mani nei capelli  “Galdino, amico mio, perdona questo mentecatto… non so che mi abbia preso, non ero io quello che in preda a un furore cieco ti ha messo le mani addosso…”
Galdino grugnì qualcosa e sputando sangue si mise seduto, mentre Turibio, vedendo la sua faccia tumefatta, si accorse che aveva un ché di storto.  “Amico mio, credo di averti rotto il naso. Vieni, ti porto a casa, bisogna metterci subito del ghiaccio… ”

E un’altra, sempre della stessa mano ispirata:

Turibio, seduto davanti al camino guardava le lingue di fuoco salire alte e poi sparire nel nero della cappa. Era una fiamma vigorosa e guizzante, e sembrava aver la forza di ardere all’infinito. 
“Il fuoco è come l’amore, se non lo alimenti si spegne” pensava malinconico.  Anche l’amore per Pulcheria, che pure era stato vigoroso, avendo smesso lei di alimentarlo, alla fine si era spento. Ma se Pulcheria rimaneva zoccola e Galdino un boia traditore, Turibio già da tempo aveva smesso di sentirsi becco, aveva preso a considerare la vicenda con distacco, e con gioia aveva sostituito i piaceri terreni con piaceri più nobili.  Dopo una giornata spesa a forgiare alabarde nella sua bottega, Turibio  passava le sue sere in compagnia dei libri, che ormai numerosi alloggiavano nella libreria accanto al camino…

Certo, nell’originale non era Turibio, e non forgiava nemmeno alabarde, ma il contesto era quello e le circostanze erano analoghe, con tanto di ghiaccio a disposizione e libri sugli scaffali della libreria.
E allora? Allora si ringrazia l’autore sconosciuto e si fa qualche considerazione, tutto lì.
Quando si scrive del futuro, beh, liberi tutti: se ci va di ambientare la storia in un ipotetico anno 3097 (meglio andare un po’ in là con gli anni, esagerare, assicurarsi che non ci possano essere sopravvissuti pronti a smentirci o etichettare il nostro romanzo come superato… ricordiamoci che si può chiudere un occhio su una sola Odissea nello spazio), nessuno starà a contestare l’uso della propulsione stratacoica o del teletrasporto a polimerizzazione ionomerica, e se vogliamo mettere grosse scolopendre incazzose a governare il pianeta, nessuno avrà niente da dire.
Scrivere del passato invece richiede un minimo di sforzo in più, un piccolo sforzo di logica per far quadrare il tutto, un minimo di coerenza tra il dire e il fare, tra il dire ghiaccio e accorgersi di non averlo in casa (così come i piselli surgelati, altrettanto validi in caso di contusioni), tra il dire libro e accorgersi che la stampa non è ancora stata inventata. E Billy dell’Ikea? Neanche.
Al di là di queste osservazioni, sappiamo tutti che scrivere è catartico, che è meglio di una seduta di analisi e che l’importante è dar libero sfogo all’artista che c’è in noi… ma se centinaia di queste perle transitano ogni giorno sulle scrivanie degli addetti ai lavori e non vanno oltre, vorrà dire qualcosa…

Alla prossima
Martin Weasel