Devo dire che lo spunto me l’ha fornito una serie tv (The
living and the dead) in cui mi sono immerso durante il week end, col piacere di
infilare una puntata dietro l’altra fino a che non sono arrivato alla fine, ma
non è di quella che voglio parlare, voglio proprio parlare di fantasmi.
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The living and the dead |
Ci credi ai fantasmi, Martin? Ovvio che no, ma non metterei
troppa enfasi nella risposta, perché di solito le mie convinzioni granitiche,
una volta pubblicamente dichiarate, vengono smentite in modo spettacolare,
quindi non credo ai fantasmi, ma mi guardo bene dall’affermarlo con la grancassa,
a scanso di trovarmene uno in ascensore una
di queste sere. L’inquilino del terzo piano morto nel ’52, per dire.
Eppure nei racconti di famiglia i fantasmi sono stati una
presenza frequente: mia nonna raccontava di aver visto più volte la sua, morta
anni prima, e sua madre vedeva il marito defunto, mentre mio nonno vedeva una
sua ex fidanzata in abito da sposa e si sentiva accompagnato dallo spirito di
sua madre sotto forma di un solitario cane nero. Ma questa familiarità, da piccolo, non me li
ha fatti temere di meno, mi facevano paura lo stesso e me la fanno ancora,
perché i fantasmi fanno paura e basta.
Certo, ci sono fantasmi e fantasmi, buoni e cattivi.
In The living and the dead, dove si pesca a
piene mani nel variopinto catalogo fantasmatico vittoriano, i fantasmi
non sono esempi di simpatia, tutt’altro, sono inquietanti e pure vendicativi,
ma in fondo è così che li vogliamo noi che cerchiamo le emozioni forti (?!)
Si direbbe che alcuni di loro abbiano buone ragioni per
vagolare ancora in questo mondo, ma di altri mi chiedo proprio cosa li spinga a
rimanere in circolazione. Cosa vogliono? Vendetta? Compagnia? Hanno dimenticato
qualcosa? Alcuni sembrano incazzati tout court e decisi a farla scontare al
prossimo, altri si direbbero solo territoriali e molto legati a un determinato
posto (ricordate il fantasma incazzoso della metropolitana in Ghost?), ma buoni
o cattivi, tutti quanti hanno una pessima abitudine: quella di apparire
all’improvviso e spaventarti a morte. A prescindere dalle intenzioni.
Ecchediamine!
Dovrebbero avvertire prima. Non dico una telefonata, ma un
avviso, un segno… un sogno, ecco, quella specie di terra di
mezzo dove non ci si stupisce di niente, ogni attività è accettata e ogni
dialogo è possibile. Un messaggio in sogno, giusto per far capire le
intenzioni, in modo che il prescelto sia un minimo preparato. “Ciao Martin,
sono Giampi, l’ex di tua sorella, ci siamo visti (si fa per dire) al mio
funerale sei mesi fa. Qui tutto bene, nessuna rivendicazione, poi ti dirò. Mi
faccio vivo (si fa per dire) presto.” Insomma,
uno è meno agitato quando poi vede il Giampi tra il lusco e il brusco. Invece con “Ciao Martin, sono Jack lo Squartatore e
sono tornato per te. Sta in campana che presto ti becco… ” sai che devi stare davvero in campana. Magari i vicoli mal
illuminati li eviti.
Io sull’onda evito anche orfanatrofi abbandonati, ex ospedali psichiatrici, soprattutto di notte, e prigioni in disarmo. Queste ultime anche di giorno.
Io sull’onda evito anche orfanatrofi abbandonati, ex ospedali psichiatrici, soprattutto di notte, e prigioni in disarmo. Queste ultime anche di giorno.
(Per qualche anno i sotterranei delle prigioni di Clerkenwell, a Londra, sono stati aperti al pubblico. Be’, non c’era molta gente la mattina in cui li ho visti, diciamo pure che ero solo, e con quel sonoro registrato di catene in sottofondo, che fosse giorno o notte non faceva differenza…)
Eppure da questi posti sono imprudentemente attratto. E le
storie di fantasmi, in un modo o nell’altro, continuano a prendermi. Ecco perché,
se ben raccontate le seguo con caliginoso piacere.
Se avete storie di fantasmi da raccontare scrivetemi. Ma
fatemi paura.
Martin Weasel
Martin Weasel
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