Il thriller è un genere
che piace tantissimo, e a giudicare dal numero di nuovi autori che trovano spazio
ogni anno sembra che piaccia sempre di più. Vorrà dire qualcosa?
Be’, si sa che
certi fenomeni sono segni dei tempi, come l’esplorazione dell’irrazionale nei
tempi di crisi, ma questo genere tiene bene da sempre, e nemmeno è così facile
stabilire quando sia nato (comunque, sapere qual è stato il primo thriller ci importa
davvero? Scava scava ci sarà sempre qualcuno che riesce a tornare più indietro.
Tipo l’Odissea. O la Bibbia).

Il genere continua ad avere successo perché
all’appassionato di thriller, il brivido non basta mai. È quello, è il brivido
che si cerca? Anche qui, per trovare la
risposta si sono spesi in tanti, invocando la scienza, indagando le reazioni
tra il piacere e la paura. Provare paura fa piacere, dicono gli esperti, come
praticare sport estremi (perché ci sono i tipi da leggo-un-thriller e ci sono i
tipi da mi-butto-col-parapendio), e leggere qualcosa di agghiacciante ci
permette di provare la paura nei suoi dettagli più atroci, ma osservando da lontano. Ci mostra cose che normalmente
non vedremmo, e che stranamente ci attirano.
Ma perché ci attirano? Bah, qui le risposte possono essere tante e del tutto personali.
Perché la vita è noiosa e le emozioni sono
poche.
Perché il nostro noioso
stare seduti in poltrona a leggere ci sembra confortevole se messo a confronto con lo stare legati e imbavagliati
dentro a un pulmino volkswagen. E questo ci conforta.
Perché
il thriller è una corsa contro il tempo e ci piace che a correre sia un altro.
Perché l’essenza del thriller è il caos, e noi vogliamo che alla fine si
ristabilisca l’ordine.
Perché ci piace la suspense, capire che
sta per succedere qualcosa, ma senza sapere né cosa né quando.
Perché
ci piace quella sorta di rituale profano che si officia attorno alla vittima per
allontanare le forze del male e riportare il bene all’interno di una comunità
sconvolta.
Perché ci piace farci i
fatti degli altri, anche di quelli che sembrano normali e invece hanno
diciassette donne sepolte in giardino.
Ma
siccome non voglio dilungarmi né
generalizzare sui processi che portano alle scelte di ognuno di fronte allo
scaffale dei libri, vi dico - anche se non ve ne importa niente - perché e come
i thriller piacciono a me. Sono autoreferenziale?
Sì. Infatti scrivo su un blog mica su una rivista divulgativa.
Ovviamente, al momento della scelta non so se il romanzo mi piacerà, mi
devo far guidare da qualcosa: recensioni, copertina, parole chiave, istinto.
Delle quattro, il criterio che funziona di più è l’istinto. Anche il titolo fa
la sua parte, ma deve stare su una copertina che mi intriga. Con me funziona la
neve. Mettetemi la neve in copertina e già avrete la mia attenzione (le piste
da sci non funzionano). Neve. Inverno. Boschi. Freddo. Alberi spogli.
Devo incarnare il
modello del lettore medio, perché la
narrativa nordica è quella che ha più successo.
Oppure le paludi. Putride e melmose, oppresse dalle mangrovie, sono un altro richiamo irresistibile. Panorami distanti dai nostri, in ogni
caso. Un analista avrebbe la sua da dire: neve, candore, innocenza, bla bla,
paludi, inconscio, rimorsi, timori…
Ho letto che diventa bestseller la storia che sa cogliere un timore universale. Può
essere.
Secondo me diventa bestseller la storia che ha più spinta pubblicitaria, ma questo è un altro
discorso...