Influenzati dalle opinioni comuni e
schiacciati da una società massificatrice, si fa sempre più fatica
a
portare alla
luce la propria
vera essenza e a
vivere in maniera
autentica.
Ma è davvero un problema della civiltà attuale o in
fondo è sempre stato così?
Liberarsi dai condizionamenti e
scoprire il proprio genio è un'opera che richiede solerzia e
coraggio e forse la pigrizia e la paura sono i principali ostacoli che si incontrano
lungo il cammino, e che purtroppo fanno desistere la maggior parte
delle persone.
L'argomento non è prerogativa della
nostra epoca, tanto che il monito socratico «conosci te stesso»
veniva pronunciato oltre 2.500 anni fa. Diciamo piuttosto che è una
questione su cui i filosofi si sono interrogati dalla notte dei
tempi.
Facendo un salto indietro nel tempo, un
salto molto più corto di quello che ci porterebbe a incontrare
Socrate, mi fermerei al 1874 per ascoltare quello che ha da dire in
merito Friedrich Nietzsche nel suo saggio Schopenhauer come
educatore.
Gli uomini ancor prima che pavidi sono
pigri e soprattutto temono gli incomodi che procurerebbero loro una
nudità e una sincerità incondizionata.
Fermo restando il problema di vivere
una civiltà di massa, anche Nietzsche sottolinea il problema
individuale, cioè di dover fare i conti con la propria pigrizia e
con le proprie paure.
Soltanto gli artisti odiano questo
incedere dolente, che ostenta maniere d'accatto e opinioni posticce,
e svelano il segreto, la cattiva coscienza di ognuno, il principio
cioè che ogni uomo è un miracolo irripetibile; essi soltanto osano
mostrarci l'uomo nella sua peculiarità e unicità fin nel più
piccolo movimento muscolare e, ancor più, osano mostrarci come, in
questa rigorosa coerenza della sua unicità, è bello e degno di
osservazione, nuovo e incredibile come ogni opera della natura, e
niente affatto noioso.
Non è raro che molti pensatori di
spicco si siano dimostrati dei solitari e talvolta persino dei
misantropi, non celando affatto la loro avversione per gli altri
uomini, e qui Nietzsche ne dà una possibile interpretazione.
Il grande pensatore che disprezza gli
uomini, ne disprezza la pigrizia: poiché a causa di questa essi
appaiono simili a prodotti di fabbrica, indifferenti, indegni di
contatti e di ammaestramenti.
Com'è possibile, allora, smarcarsi da
questa condizione che, oltre ad attirare la disapprovazione dei
“grandi pensatori”, mantiene le persone nell'infelicità?
Leggiamo la formula che suggerisce Nietzsche.
L'uomo che non voglia far parte della
massa non ha che da smettere di essere accomodante con se stesso;
segua piuttosto la propria coscienza che gli grida: «Sii te stesso!
Tu non sei certo ciò che fai, pensi e desideri ora».
Ogni giovane anima sente ogni giorno e
notte questo appello e ne trema; infatti presagisce, rivolgendo il
pensiero alla sua reale liberazione, la misura di felicità
destinatale dall'eternità; felicità che non riuscirà mai a
raggiungere se incatenata dalle opinioni e dalla paura. E quanto
assurda e desolata può divenire l'esistenza senza questa
liberazione! Nella natura non c'è creatura più vuota e ripugnante
dell'uomo che è sfuggito al suo genio e ora volge di soppiatto lo
sguardo a destra e a sinistra, indietro e ovunque. Un tale uomo alla
fine non lo si può neppure attaccare: è solo esteriorità senza
nucleo, un marcio costume, pitturato e rigonfio, un fantasma
agghindato che non può ispirate paura e tanto meno compassione.
La vita è troppo breve per essere
sprecata senza aver individuato e percorso la propria strada.
La nostra straordinaria esistenza
proprio nel suo ora ci dà forza più di ogni altra cosa a vivere
secondo una legge e una misura nostra: quel qualcosa di inesplicabile
per cui viviamo, proprio oggi, pur non avendo avuto il tempo infinito
per nascere, per cui null'altro possediamo se non un oggi brevissimo
e in esso dobbiamo mostrare perché e a che scopo siano nati proprio
ora. Noi siamo responsabili davanti a noi stessi della nostra
esistenza; quindi vogliamo essere i veri timonieri di questa
esistenza e non permettere che assomigli a pura accidentalità senza
pensiero. Con la vita bisogna saper trattare con audacia, esponendosi al
rischio: tanto più che, sia nel migliore che nel peggiore dei casi,
la perderemo. Perché, allora, essere attaccati a questa zolla, a
questo mestiere, perché drizzare le orecchie per sentire ciò che
dice il prossimo? È così provinciale sentirsi vincolati a opinioni
che a distanza di qualche centinaio di miglia già non sono più
vincolanti. Oriente e occidente sono segni di gesso che qualcuno
traccia davanti ai nostri occhi per prendersi gioco della nostra
pavidità. «Voglio tentare di raggiungere la libertà», si dice la
giovane anima: ed ecco che dovrebbero impedirglielo due nazioni che
per caso si odiane e si combattono, o un mare che divide due
continenti, o il fatto che ovunque si insegna una religione che
duemila anni fa ancora non esisteva. «Tu non sei tutto questo», si
dice la giovane anima. «Nessuno può costruirti il ponte sul quale
tu devi attraversare il fiume della vita, nessuno se non tu stessa.
Ci sono sì infiniti sentieri e ponti e semidei pronti a portarti
oltre il fiume; ma solo al prezzo di te stessa: tu daresti in pegno
te stessa e ti perderesti. Nel mondo esiste una sola strada che
nessuno, se non tu, può percorre: dove conduce? Non domandare, ma
seguila!».
Anche Nietzsche, però, riconosce la
difficoltà di intraprendere un simile percorso.
Ma come possiamo ritrovare noi stessi?
Come può l'uomo conoscersi? È una cosa oscura e velata; e se la
lepre ha sette pelli, l'uomo può toglierne sette volte settanta e
neppure allora potrà dire: «questo ora sei realmente tu, non è più
scorza». Inoltre, scavare se stessi in questo modo e profondare così
per la via più diretta nel pozzo della propria esistenza, è un
inizio tormentoso e azzardato. Con facilità ci si possono produrre
delle ferite che nessun medico può sanare. E per giunta: a che scopo
ciò sarebbe necessario, quando tutto testimonia del nostro essere:
le nostre amicizie e le nostre inimicizie, il nostro sguardo, la
nostra stretta di mano, la nostra memoria e ciò che dimentichiamo, i
nostri libri e i tratti della nostra penna.
Ma ecco il mezzo per realizzare
l'interrogatorio più importante. Guardi la giovane anima indietro
nella propria vita, e si chieda: che cosa hai veramente amato, che
cosa ha attratto la tua anima, che cosa l'ha dominata e allo stesso
tempo resa felice? Allinea davanti a te questi venerati oggetti ed
essi, forse, con il loro essere e la loro successione, ti daranno una
legge, la legge fondamentale di te stesso. Confronta questi oggetti e
osserva come l'uno completi l'altro, lo ampli, lo superi e lo
trasfiguri fino a formare una scala su cui tu finora ti sei
arrampicato alla conquista di te stesso; la tua vera essenza infatti
non sta profondamente celata dentro di te, ma smisuratamente al di
sopra di te o, almeno, al di sopra di ciò che tu sei solito
considerare il tuo io.
I tuoi veri educatori e formatori ti
svelano il senso originario e la materia fondamentale del tuo vero
essere, qualcosa che non si può assolutamente educare né formare: i
tuoi educatori non possono essere nient'altro che i tuoi liberatori.
E questo è il segreto di ogni formazione: essa non dà membra
artificiali, nasi di cera, occhi occhialuti, doni che solo la falsa
immagine dell'educazione può dare. Essa è vera liberazione,
rimozione di tutte le erbacce, rifiuti e parassiti che minacciano i
delicati semi delle piante, è emanazione di luce e calore, tenero
scroscio di pioggia notturna, essa è imitazione e venerazione della
natura, quando questa si mostra materna e misericordiosa, e ne è
perfezionamento, quando ne previene gli attacchi terribile e spietati
volgendoli al bene, quando stende un velo sulle manifestazioni del
suo animo matrigno e della sua triste follia.
Certo esistono altri mezzi per
ritrovarsi, per rinvenire dall'intontimento in cui, come in una fosca
nube, si vive normalmente: io però non conosco nulla di meglio che
ricordarsi dei propri educatori e formatori.
Gli
educatori e i
formatori sono,
ovviamente, le
persone, le
letture e le
fantasie che ci hanno
catturato,
ammaliato e
ispirato. Se sapremo trovare queste
luci nella
nostra vita, essi ci guideranno come fari nella nebbia verso la
realizzazione della nostra vera essenza.
Friedrich Wilhelm Nietzsche 1844 - 1900