«Sorridere è vivere come un'onda o una foglia, accettando la sorte.
È morire a una forma e rinascere a un'altra.
È accettare, accettare se stessi e il destino».
Cesare Pavese
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venerdì 31 agosto 2018
domenica 26 agosto 2018
Una badilata di letame non si nega a nessuno
Questa mattina, dopo le abluzioni di rito (lo specifico perché non vorrei mai che si pensasse...), scarico la posta elettronica e trovo un interessante comunicato intitolato NUOCE GRAVEMENTE ALL’IGIENE (INTIMA) di cui riporto, me ne scuso con l'autore, alcuni brani.
Ci sono fenomeni incomprensibili nel mondo moderno. No, non sto parlando della politica italiana, parlo di fenomeni di costume, anzi di consumo per me difficili da comprendere. L’Italia è un paese ricco di montagne e di sorgenti di acqua buonissima. Basta camminare per le nostre Alpi, Appennini, colline. Questa acqua arriva più o meno in tutte le case italiane, eppure siamo i primi consumatori in Europa di acqua minerale, con 206 litri a testa e 250 marchi differenti. Effetto del marketing incessante? Boh.
E, fin qui, non ci trovo niente di strano. D'altra parte, anche a casa mia, i rubinetti ci sono e non li usiamo come fermacarte. Ma, galeotto fu il rubinetto, proseguo a leggere l'articolo...
Altro fenomeno per me incomprensibile è l’uso massiccio di carta igienica. (...) Il consumo è in continua crescita, (...) Eppure niente è così poco igienico come la carta in bagno che serve solo a “spalmare” eventuali residui organici in zone delicate e sensibili. Dico “eventuali” perché chi è in buona salute produce residui di giusta consistenza e ben lubrificati che non producono effetti collaterali. Gli animali selvaggi e sani non necessitano di carta igienica.
In effetti, non si può negare che canidi e felini in perticolare usino la lingua per l'igiene intima, e non c'è neppure bisogno che siano selvaggi, perché anche quelli domestici hanno conservato questa buona abitudine. Ma dovremmo farlo anche noi?
L'articolo continua.
Ognuno di noi ha avuto modo di sperimentare almeno in qualche occasione, immagino.
A questo punto mi domando: che cosa avremmo sicuramente sperimentato? Che gli animali selvaggi non usano la carta igienica o a non usarla noi?
Certo è che l'essere umano, a parte forse qualche raro caso, non riesce a provvedere all'igiene come i nostri cari animaletti domestici a causa di una difficoltà oggettiva causata dalla colonna vertebrale inefficace allo scopo.
Ma andiamo avanti.
La carta non garantisce alcuna igiene se non viene seguita da un accurato lavaggio. E allora? Perché non passare direttamente al lavaggio? Tutti abbiamo in casa il bidet, invenzione europea del 1700, ma di cui si trovano esemplari rudimentali in alcune case della Roma imperiale. (...)
In oriente dove la civiltà dei consumi non ha ancora preso piede è consuetudine usare una piccola bottiglia d’acqua per l’igiene intima cui è dedicata esclusivamente la mano sinistra. Non vi sembra più sano?
Mi auguro che la bottiglietta non sia di acqua minerale altrimenti ricadiamo nel problema precedente dell'eccessivo uso di acqua in bottiglia.
Ma concedetemi una reminescenza. Nell'antica tradizione verbale italica, c'è un'altra soluzione pronta allo scopo. La poesia che segue è di autore anonimo (anche se alcuni studiosi l'hanno attribuita a Dante Alighieri, in aperto conflitto con la fazione che ne certificherebbe come autore Jacopone da Todi). Astenendomi da qualsiasi presa di posizione in merito, mi limiterò a riportarne la prima strofa.
Chi col dito il cul si netta,
tosto in bocca se lo metta.
Troverà così pulito
tanto il culo quanto il dito.
Torno a leggere l'articolo che non cessa di stupirmi.
Qualcuno ha calcolato che ognuno di noi consuma 64 km di carta igienica nella sua vita per cui occorre tagliare tra i 3 mila e i 12 mila km quadrati di foreste ogni anno. La superficie equivalente di una regione come l’Umbria o l’Abruzzo.
Zoe Morrison, mamma britannica, ha deciso di risparmiare su dentifricio, shampoo e carta igienica. Insieme alla creazione di un piccolo orto e ai pannelli solari sul tetto ha messo da parte 15mila euro in un anno!
Ottimo consiglio! Bene, san Tommaso per definizione, ho fatto un po' di conti e ho scoperto che:
- se non spendessi niente per l'illuminazione, gli apparecchi elettrici, il riscaldamento e l'acqua calda, dopo aver ovviamente trafugato i pannelli solari necessari (se li pagassi dovrei ammortizzarne il costo!), risparmierei al massimo 2500 Euro all'anno;
- aggiungendo il dentifricio, lo shampoo e il sapone, potrei arrivare a 3000 Euro;
- con i prodotti dell'orto, esageriamo, siamo a 4500 Euro;
- magari mi è sfuggito qualcosa (la carta igienica?) e arrivo a 5000.
Se la signora Zoe Morrison consumava 10.000 Euro all'anno di carta igienica, direi che ha fatto proprio bene a smettere di usarla!
martedì 21 agosto 2018
Il cugino del giaguaro?
Avanti, ditemi cos’è.
È un gatto col nasone, direte
voi. Più o meno…
È un felino. Questo senz’altro…
È un coso. In effetti…
Vi dico subito che non c’ha
i pois.
Non ha macchie, righe, quadratini, insomma non ha una pelliccia fantasia,
ce l’ha grigia o rossastra o forse marrone o ruggine. Perfino gli esperti felinologi (?) non sono d’accordo perché lo si vede poco in giro, e quindi c’è chi
lo fa biondo, chi rosso, chi castano, insomma, l’unica cosa su cui concordano è
che grazie a una pelliccia che non ha mai interessato le donne, si è salvato la
pelle in tutti questi anni e non rischia l’estinzione come il giaguaro, punto.
È anche uno che si fa i
fatti suoi, dicono, ma non mi risulta che leopardi e giaguari venissero
cacciati perché troppo impiccioni, quindi niente, gli è andata bene perché non
aveva mercato.
Al di là di questo, a me il
gatto col nasone piace molto, soprattutto in questa foto dove è venuto proprio
bene (di solito non è così fotogenico), e mi piace anche per le orecchie tonde
e quello che in questa foto non vedete ma ve lo dico io: bella coda, zampe corte e corpo
agile come una donnola… weasel, capito? Weasel cat, lo chiamano! Praticamente
un parente.
Ma lui vive in America, nelle foreste tropicali, dove come tutti i gatti caccia i roditori, roditori tropicali, ovvio.
Però ogni tanto si spinge fino agli insediamenti dove l'uomo alleva e coltiva.
E caccia i polli.
Guardate com'è fiero della sua felinità un po' spuria, tra la donnola e il gattone:
il suo nome è
Yaguarondi, o Jaguarondi, o Giaguarondo… chiamatelo come volete, tanto non lo incontrerete mai.
Martin.
Weasel, of course.
lunedì 13 agosto 2018
sabato 11 agosto 2018
venerdì 10 agosto 2018
10-08-2018 Pillole di benessere
«E questa nostra vita, via dalla folla, trova lingue negli alberi, libri nei ruscelli, prediche nelle pietre e ovunque il bene».
William Shakespeare
Buona giornata!
giovedì 9 agosto 2018
mercoledì 8 agosto 2018
Pillole di benessere
«Non dimenticate che la terra si
diletta a sentire i vostri piedi nudi e i venti desiderano
intensamente giocare con i vostri capelli.»
Khalil Gibran
Khalil Gibran
martedì 7 agosto 2018
Noi e il mare
«Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci.»
Jim Morrison
Jim Morrison
venerdì 3 agosto 2018
mercoledì 1 agosto 2018
La resilienza
Da alcuni anni, c'è un vocabolo che è
saltato agli onori della cronaca, passando da un significato
prettamente scientifico a uno di uso comune, questa parola è
resilienza.
Il termine deriva dal latino e
significa “saltare indietro, ritornare in fretta, rimbalzare”.
In fisica, resilienza è la capacità
di un materiale di assorbire energia quando viene sottoposto a forze
dinamiche applicate in tempi brevi. Non è quindi sinonimo di
resistenza, in quanto il materiale resiliente non si oppone né
contrasta l'urto tanto da spezzarsi, bensì lo ammortizza e lo
assorbe in virtù della propria struttura e delle proprietà
elastiche. Materiali con una buona resilienza sono, per esempio, gli
acciai, mentre risultano più fragili le ghise. La resilienza si
determina con apposite prove d'urto per verificare la resistenza alla
rottura a seguito di sollecitazioni dinamiche.
Dal significato stretto si è assistito
a un proliferare di estensioni: in ecologia, resiliente è un sistema
ecologico capace di tornare velocemente al suo stato iniziale, dopo
essere stato sottoposto a perturbazione; in ambito tessile,
resiliente è un tessuto in grado di riprendere la forma originale,
senza strapparsi, dopo una deformazione; in campo economico,
resiliente è un'organizzazione che sa riprendersi dalle difficoltà,
uscendo positivamente anche dalle situazioni negative; per le scienze
sociali, resilienza è la capacità di un individuo o di un gruppo di
superare le avversità della vita utilizzando le proprie risorse
mediante la proiezione nel futuro; in psicologia, resiliente indica
la capacità di recuperare l'equilibrio psicologico a seguito di un
trauma.
In quanto raffigurazione di una sorta
di “elasticità psichica” e della capacità di sostenere gli urti
della vita senza spezzarsi, di affrontare e superare le avversità,
la parola resilienza sembra incarnare il simbolo dell'epoca attuale,
in cui il termine crisi domina la scena umana, sociale, economica,
politica ed ecologica mondiale.
E veniamo ora alla parte che ci
interessa di più, quella riguardante l'anima umana, la psyché.
Qui la resilienza indica la capacità
di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici; è il
riorganizzare positivamente la propria vita davanti alle difficoltà;
è il sopravvivere, senza soccombere, con spirito di adattamento ed
elasticità mentale; è il sapersi ricostruire, restando sensibili
alle opportunità che l'esistenza offre.
Una persona dimostra di essere
resiliente se, nel bel mezzo di circostanze avverse, riesce a
fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla
propria esistenza, restando fedele alla propria identità, e persino
a raggiungere mete importanti.
La parola chiave è elasticità.
Esattamente come lo era in fisica per i materiali resilienti.
Questa attitudine rinforza l'essere
umano, ma gli permette anche di trasformarsi ed evolvere nel rispetto
della propria essenza. Bisogna, infatti, sottolineare che il
materiale resiliente assorbe il colpo, reagisce, ma non tradisce mai
la propria struttura originaria.
Questa facoltà è insita nella natura
umana, ma non sempre si manifesta ed è quindi una qualità da
coltivare.
Fino ai sei-sette anni, i bambini hanno
una notevole capacità di resistere ai traumi e di trovare
autonomamente le risorse per reagire e strutturare una propria
personalità, ma la resilienza si altera nel tempo in rapporto
all'esperienza e al modificarsi dei processi mentali che a essa
sottendono.
Troviamo, pertanto, capacità
resilienti di tipo istintivo (tipiche dei primi anni di vita, quando
i processi mentali sono dominati dall'egocentrismo), di tipo
affettivo (tipiche della maturazione affettiva e razionale, quando si
strutturano i valori, la socializzazione e il senso del sé) e di
tipo cognitivo (quando l'individuo può utilizzare le facoltà
intellettive simbolico-razionali).
Una resilienza adeguata è il risultato
dell'integrazione di questi tre elementi: istintivo, affettivo e
cognitivo. E non è soltanto la voglia di sopravvivere a tutti i
costi, ma è anche e soprattutto la capacità e la volontà di usare
l'esperienza maturata per costruire un futuro migliore.
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