“Gregory” disse Brenda
girando il sugo “anche stamattina per accompagnare i bambini ci ho messo quasi
mezz’ora. Quella benedetta scuola sta dall’altra parte della città…” Gregory
prese un pezzo di pane dal cestino al centro della tavola apparecchiata e rispose:
“Hai ragione, Brenda, anche per me attraversare Los Angeles quattro volte al
giorno sta diventando noioso.” “Ma allora perché non andiamo a vivere in
campagna?” chiese Brenda. “Che bella idea! I bambini saranno felicissimi!”
disse Gregory. “Sì, chiamali, che è già la mezza: glielo diremo mentre
pranziamo!”
Gregory Green era un avvocato di fama internazionale, biondo, alto, bello con gli occhi azzurri e la mascella volitiva. Abitava a Los Angeles, in centro, con la moglie Brenda, bionda, alta, bella, con gli occhi verdi, e i due figli, Griffin e Gretel, non ancora alti, ma belli, biondi e con gli occhi verdeazzurri. Quando Griffin e Gretel seppero che sarebbero andati a vivere in campagna fecero i salti di gioia, e finito di pranzare, mentre i genitori prendevano il caffè cominciarono a preparare i bagagli per il trasloco imminente.
“Hai già idea di dove
andremo ad abitare Brenda?” “Ma certo! Ho visto proprio stamattina un annuncio
sul Los Angeles Times che parlava di una villetta in vendita nella campagna di
Skullfield, un vero affare.” “Perfetto!” esultò Gregory “telefonerò oggi stesso
all’agenzia per l’acquisto!”
Dopo pranzo, di nuovo
nel suo studio all’altro capo della città, Gregory Green, che non era un noto
avvocato per niente, portò a termine la trattativa in un baleno, aggiudicandosi
la villetta a un prezzo stracciato, e chiamò subito la moglie: “Brenda, prepara
le valige, la casa è nostra! Ci trasferiamo domani!!”
Il giorno dopo, quando
arrivarono sul posto, i Green ebbero subito un’ottima impressione della nuova
dimora che si ergeva isolata su una collina. “Finalmente un po’ di quiete!”
disse Brenda. “È proprio vero, pensa che non c’è una casa nel raggio di parecchi
chilometri” rispose Gregory “e la statale è così lontana, che non vedremo
nemmeno un’automobile!”
Griffin e Gretel
corsero subito dentro e salirono al piano superiore per vedere le loro camere,
mentre i genitori scaricavano i bagagli. “Gregory, ancora non mi hai detto come
sei riuscito a pagarla anche meno di quello che chiedevano… ” “Brenda, lo sai
che sono un valente avvocato: ho scoperto che era in vendita da diciotto anni,
quindi ho pensato che avrebbero accettato anche un’offerta inferiore.” “Sei un
genio, caro!!” “Lo so, ma adesso entriamo anche noi a vedere l’interno, sono
sicuro che qui ci aspettano giorni meravigliosi!!!”
Appena oltrepassata la
soglia, Gregory e Brenda furono raggiunti da Griffin e Gretel che scendevano
entusiasti dalle loro camerette “mamma, papà” disse Griffin “in camera mia c’è
un cavallino a dondolo che si muove da solo!”
“e nella mia c’era una
bambina che però è sparita attraverso il muro” replicò Gretel un po’ delusa.
“Su, su Gretel, vedrai
che tornerà e potrete giocare insieme” disse Brenda, e subito il sorriso tornò
sulle labbra di tutti. “E adesso, che ne dite di una bella cenetta?” chiese
Gregory dirigendosi verso il televisore. E Brenda, compiaciuta: “È davvero ora
che mi metta ai fornelli. Apparecchiate la tavola mentre papà guarda il
telegiornale. Cosa volete che vi prepari?” “Minestrone!” risposero in coro i
bambini… (continua)
Vedi, mio caro e sconosciuto scrittore, non che il tuo
romanzo non possa funzionare eh, anzi, ti dico subito che già quel cavallino
che dondola da solo mi ha preso mica da ridere, e anche la bambina che
attraversa i muri… Ma, come dire? È come se qualcosa di appena un po’ stonato
ogni tanto si facesse sentire nella storia. E non sono i personaggi. Quattro
idioti, ok. Un po’ di stereotipi, poco male. È che sembra quasi che ti sfugga
qualche particolare, come se nonostante un’adolescenza passata a seguire
telefilm americani non padroneggiassi del tutto l’ambiente…
Come se a Los Angeles non ci fossi mai stato, per dire (e
non fossi neanche stato molto attento alla tivù).
O come se applicassi lo stile di vita di Berbenno e la
bergamasca tutta (ma anche il comasco e il materano) alla realtà di quattro
(idioti) in California. E tu dirai: ma che, uno deve andare per forza su Marte
per scrivere un romanzo sui marziani? Certo che no, amico mio. Ma è difficile
che il lettore abbia da dire sulle abitudini dei marziani. E non è nemmeno Los
Angeles in quanto tale. Perché qualcosa mi dice che anche nella campagna di
Skullfield la verosimiglianza avrà qualche cedimento…
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