Caciocavallo Drive 90210

Hai deciso di scrivere un romanzo. Non sai di che genere, la storia non ce l’hai ancora, ma non importa. Hai chiesto anche in rete, su Yahoo, cosa potresti scrivere (ciao raga, vorrei scrivere un romanzo ma non so da dove cominciare, voi cosa mi consigliate?) ma a parte qualche risposta vaga sull’ uso che dovresti fare del tuo romanzo una volta scritto, non hai ricevuto dritte. Non praticabili, almeno. E si sa come va su Yahoo, ti rispondono soprattutto quelli che non hanno le risposte. Questa cosa comunque non ti ha mica  scoraggiato, tutt’altro, hai deciso che vuoi essere scrittore, un’idea ti arriverà. E infatti, all’improvviso, il lampo, la folgorazione: scriverai una cosa che ti piacerebbe leggere se qualche volta leggessi. Un romanzo di paura. (De paura, per i romani. De miedo per gli ispanici.) Insomma, un romanzo che se fosse un film sarebbe un horror. Tipo una storia con fantasmi, bambini, fantasmi-bambini… che ci vuole? Una bella ambientazione gothic - e questo ti fa escludere subito Berbenno e la bergamasca, unico ambiente che conosci bene – e ci sei.  Da qui in poi è tutto in discesa. Lo ambienterò in America, dici, che tanto è come se ci vivessi, con tutta la tivù che guardo. E ho visto anche tutte le puntate di American Horror Story. Verrà proprio una bella storia. Poi la mando a un coso, un agente letterario.

“Gregory” disse Brenda girando il sugo “anche stamattina per accompagnare i bambini ci ho messo quasi mezz’ora. Quella benedetta scuola sta dall’altra parte della città…” Gregory prese un pezzo di pane dal cestino al centro della tavola apparecchiata e rispose: “Hai ragione, Brenda, anche per me attraversare Los Angeles quattro volte al giorno sta diventando noioso.” “Ma allora perché non andiamo a vivere in campagna?” chiese Brenda. “Che bella idea! I bambini saranno felicissimi!” disse Gregory. “Sì, chiamali, che è già la mezza: glielo diremo mentre pranziamo!” 

Gregory Green era un avvocato di fama internazionale, biondo, alto, bello con gli occhi azzurri e la mascella volitiva. Abitava a Los Angeles, in centro, con la moglie Brenda, bionda, alta, bella, con gli occhi verdi, e i due figli, Griffin e Gretel, non ancora alti, ma belli, biondi e con gli occhi verdeazzurri. Quando Griffin e Gretel seppero che sarebbero andati a vivere in campagna fecero i salti di gioia, e finito di pranzare, mentre i genitori prendevano il caffè cominciarono a preparare i bagagli per il trasloco imminente.
“Hai già idea di dove andremo ad abitare Brenda?” “Ma certo! Ho visto proprio stamattina un annuncio sul Los Angeles Times che parlava di una villetta in vendita nella campagna di Skullfield, un vero affare.” “Perfetto!” esultò Gregory “telefonerò oggi stesso all’agenzia per l’acquisto!”
Dopo pranzo, di nuovo nel suo studio all’altro capo della città, Gregory Green, che non era un noto avvocato per niente, portò a termine la trattativa in un baleno, aggiudicandosi la villetta a un prezzo stracciato, e chiamò subito la moglie: “Brenda, prepara le valige, la casa è nostra! Ci trasferiamo domani!!”
Il giorno dopo, quando arrivarono sul posto, i Green ebbero subito un’ottima impressione della nuova dimora che si ergeva isolata su una collina. “Finalmente un po’ di quiete!” disse Brenda. “È proprio vero, pensa che non c’è una casa nel raggio di parecchi chilometri” rispose Gregory “e la statale è così lontana, che non vedremo nemmeno un’automobile!”

Griffin e Gretel corsero subito dentro e salirono al piano superiore per vedere le loro camere, mentre i genitori scaricavano i bagagli. “Gregory, ancora non mi hai detto come sei riuscito a pagarla anche meno di quello che chiedevano… ” “Brenda, lo sai che sono un valente avvocato: ho scoperto che era in vendita da diciotto anni, quindi ho pensato che avrebbero accettato anche un’offerta inferiore.” “Sei un genio, caro!!” “Lo so, ma adesso entriamo anche noi a vedere l’interno, sono sicuro che qui ci aspettano giorni meravigliosi!!!”

Appena oltrepassata la soglia, Gregory e Brenda furono raggiunti da Griffin e Gretel che scendevano entusiasti dalle loro camerette “mamma, papà” disse Griffin “in camera mia c’è un cavallino a dondolo che si muove da solo!”

“e nella mia c’era una bambina che però è sparita attraverso il muro” replicò Gretel un po’ delusa.

“Su, su Gretel, vedrai che tornerà e potrete giocare insieme” disse Brenda, e subito il sorriso tornò sulle labbra di tutti. “E adesso, che ne dite di una bella cenetta?” chiese Gregory dirigendosi verso il televisore. E Brenda, compiaciuta: “È davvero ora che mi metta ai fornelli. Apparecchiate la tavola mentre papà guarda il telegiornale. Cosa volete che vi prepari?” “Minestrone!” risposero in coro i bambini… (continua)

Vedi, mio caro e sconosciuto scrittore, non che il tuo romanzo non possa funzionare eh, anzi, ti dico subito che già quel cavallino che dondola da solo mi ha preso mica da ridere, e anche la bambina che attraversa i muri… Ma, come dire? È come se qualcosa di appena un po’ stonato ogni tanto si facesse sentire nella storia. E non sono i personaggi. Quattro idioti, ok. Un po’ di stereotipi, poco male. È che sembra quasi che ti sfugga qualche particolare, come se nonostante un’adolescenza passata a seguire telefilm americani non padroneggiassi del tutto l’ambiente…  

Come se a Los Angeles non ci fossi mai stato, per dire (e non fossi neanche stato molto attento alla tivù).




O come se applicassi lo stile di vita di Berbenno e la bergamasca tutta (ma anche il comasco e il materano) alla realtà di quattro (idioti) in California. E tu dirai: ma che, uno deve andare per forza su Marte per scrivere un romanzo sui marziani? Certo che no, amico mio. Ma è difficile che il lettore abbia da dire sulle abitudini dei marziani. E non è nemmeno Los Angeles in quanto tale. Perché qualcosa mi dice che anche nella campagna di Skullfield la verosimiglianza avrà qualche cedimento

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