Idrolitina in vena!

quando il consulente latita
Quando il consulente latita

che cosa abbiamo qui?
Che cosa abbiamo qui?
- Cosa abbiamo qui?
- Maschio, bianco, trent’anni, ha ingoiato per sbaglio un appendino della lavanderia a secco.
- Dannazione, gli appendini delle lavanderie a secco sono i peggiori…
- Lo stiamo perdendo!
- Bisogna fermare l’emorragia, presto, un giratubi dell’otto!


Abbiamo seguito tante di quelle serie TV ambientate in ospedale che l’argomento ormai ci è familiare e abbiamo fatto nostro il linguaggio del medical drama. I dialoghi ci vengono spontanei, conosciamo i protocolli in uso nelle E.R. di Seattle e Chicago e sappiamo bene che “Libera!” è il grido di guerra di chi è armato di un defibrillatore. Sono loro, sono quelle battute, quelle formule ormai consuete che ci illudono di sapercela cavare, o è la superficialità un po’ guascona di chi scrive senza farsi troppe domande? Perché una domanda potrebbe essere: siamo sicuri di conoscere i fondamentali? E se la risposta è no, la seconda domanda potrebbe essere: siamo sicuri di esserci documentati abbastanza? Insomma, ogni tanto sarebbe bene farsi venire qualche dubbio.

sifone
Nozioni di idraulica
Trovo che ci siano due modi per affrontare (male) argomenti che non si conoscono:
l’approssimazione spavalda e lo strafalcione spudorato. E tutti e due indicano che il dubbio non si è mai affacciato nella mente dell’autore. Ora, non voglio sostenere che solo un idraulico possa scrivere la commovente storia di un idraulico, per dire, ma forse sarebbe bene saper inserire l’attrezzo giusto almeno nei suoi dialoghi, se non proprio sotto a un lavandino da sturare…

L’approssimazione spavalda

Cosa rende famoso un neurochirurgo?
Il valente neurochirurgo Tom Lobo (Lobo? ma che razza di nome è?) quella mattina era più attraente che mai mentre si infilava i guanti di lattice. Alto, aitante, occhi neri e profondi e quella carnagione scura che tradiva le sue origini messicane (visto?messicano, Lobo ci sta…), non c’era infermiera che non rimanesse agganciata dal fascino inesorabile del suo sguardo magnetico. Florence, porgendogli la mascherina, pensò che avrebbe venduto l’anima pur di entrare a far parte della vita di quell’uomo così bello, ricco, potente e famoso. Il valente neurochirurgo Tom Lobo aveva raggiunto la fama mondiale a ventidue anni eseguendo una difficile operazione al cervello su una bambina molto malata che era poi perfettamente guarita (sic!). Da allora era stato un crescendo di successi interplanetari e la bambina era diventata famosa come la pecora Dolly…

Capisco che in fondo, sul piatto della bilancia pesi di più l’incontestabile appeal del dott. Lobo, ma se la sua fama ha raggiunto Plutone vorremmo conoscerne il motivo, magari non troppo dettagliato ma almeno convincente.

Lo strafalcione spudorato
Fulmineo e silenzioso come una tartaruga ninja, il killer lo aveva assalito e gli aveva infilato l’ago nel collo con una mossa precisa. Il curaro nell’arteria giugulare aveva avuto un effetto immediato: ora Lucky George giaceva paralizzato sullo zerbino del suo appartamento. L’uomo gli sfilò le chiavi di mano, aprì la porta e lo trascinò in casa. Richiuse senza far rumore e accese le luci dello squallido monolocale. Poteva fare le cose con calma,  Lucky George  non avrebbe opposto resistenza. Si tolse lo zaino che aveva sulle spalle ed estrasse un coltello da prosciutto, si chinò su di lui, gli scoprì la caviglia destra e cominciò a tagliare. Il piede non gli interessava, quindi finito di tagliare lo buttò in un angolo con tutta la scarpa, ma la tibia che faceva capolino da sotto il calzone era proprio quello che voleva.
Sfilò la tibia come uno spiedo dalla porchetta?
Il Raccattaossa. Così lo aveva battezzato la stampa, visto che Collezionista era già stato usato e  ne avevano tirato fuori anche un film. Lucky George era la decima vittima, e presto la sua tibia sarebbe andata ad arricchire la collezione.
Tenendo ferma la gamba con una mano, il Raccattaossa afferrò la tibia con l’altra e  la sfilò dall’arto come uno spiedo dalla porchetta, poi ripulì l’osso sui calzoni di George che continuava a non opporre resistenza, lo infilò nello zaino e uscì dall’appartamento, dileguandosi nella notte… 

amico consulente
L'amico consulente?
Volete che lo sconosciuto autore non avesse uno straccio di amico ortopedico? Che ci voleva a fargli una telefonata? Gli avrebbe detto che la giugulare non è un’arteria.
Perché a fargli notare che un osso dalla carne mica lo sfili facile gli sarebbe bastata la mamma.
Dal bollito sì, gli avrebbe detto, ma con la carne cruda ci vuole il suo tempo.
Al  nostro scrittore temerario però non è venuto il minimo dubbio, ha scritto a misura delle sue conoscenze, fidandosi dei suoi rudimenti, e questo gli è bastato per confezionare la storia proprio come la voleva lui, al netto delle tartarughe ninja.

Comunque, per ripulire un romanzo ci sono sempre gli editor, direte voi.
Beh, qualcosa può scappare anche a loro (e qui faccio un appello: qualcuno avverta Gianni Simoni  che i reparti di neuropsichiatria, per gli adulti, sono spariti quarant’anni fa), ma poi in fondo è la storia quella che conta, la storia che per trascinare il lettore fino alla fine può pure prendersi qualche grossa licenza.
Lo sanno bene anche gli autori di serie tv, che pur forniti di battaglioni di consulenti, a volte sottomettono la verosimiglianza alle esigenze di copione, tirandone fuori siparietti gustosi, dove i pazienti intubati parlano, e cose ammirevoli, come le diagnosi per esclusione del dott. House
(…non è un birilloma, non è carognite, dromedariosi… elefantiasi elmintica… febbre  dei formichieri…).

Non mi resta che augurarvi... buone consulenze!

Martin Weasel

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